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MOCKARTA 

PERRICONE 

Caratteristiche sensoriali del vino - VISTA: rosso scuro. OLFATTO: al naso esprime belle note fruttate di prugna, di mora, per poi virare su sentori di bacche di ginepro, liquirizia e chiodi di garofano. Gusto: Una traccia balsamica, anche vegetale, apre ad un assaggio lungo e piacevolissimo, disteso e ben equilibrato. Un tannino gentile fa da perfetto contrasto ad una certa freschezza per un finale morbido ed avvolgente; in bocca è strutturato ma al tempo stesso fresco e sapido, avvolgente, ben equilibrato, pieno e di ottima persistenza. Abbinamento Da stappare insieme alla carne rossa o alla selvaggina, è perfetto con la tagliata di entrecote o filetto di vitello al pepe verde, piatti piccanti, speziati e molto saporiti. Formaggi a pasta dura. Il rosso per chi non rinuncia ai rossi anche d'estate, perfetto per le grigliate estive! Temperatura di servizio: 16-18°C Bicchiere di servizio: Calice Ballon ampio Info Il vitigno Perricone è un autoctono a bacca nera originario della Sicilia occidentale e fine Ottocento era il vitigno più coltivato nelle province di Palermo e Trapani (dove viene chiamato Pignatello) e lo si trovava anche nelle province di Caltanissetta e Agrigento. Sono ancora veramente pochi i documenti ufficiali a disposizione. Nel corso di una conferenza tenutasi il prof. Attilio Scienza ha illustrato i risultati dei suoi recenti studi che mostrano come il Perricone si sia evoluto a partire da uve aromatiche originarie dal Mediterraneo orientale, portate dai Greci fino nella Calabria ionica. Da qui, incrociatesi probabilmente con un antenato del Gaglioppo, sono migrate fino in Sicilia, dando origine appunto al Perricone. Alla stessa famiglia appartengono moltissime varietà italiane. Fra le testimonianze dell’epoca moderna, si segnalano le menzioni da parte di Nicolosi - sia nel 1870 che nel Bollettino Ampelografico del 1883 - e nel 1905 da parte di Paulsen. In epoca più recente, il vitigno viene descritto da Pastena nel 1973. - Pag.9 - AZIENDA VITIVINICOLA Noto anche con i sinonimi di Tuccarino, Guarnaccio e Pignatello. Il suo sinonimo Pignatello secondo alcuni deriva dalle “pignatidare”, le terre rosse alluminose del Trapanese, che venivano chiamate così perché impiegate per la fabbricazione delle pignatte da cucina. Questa tipologia di terreno è particolarmente vocata per il vitigno Pignatello, da cui il nome. Il vitigno Perricone viene utilizzato per la produzione del Marsala Ruby, grazie al quale ha trovato inizialmente grande sviluppo. Nella prima metà del Novecento, quando il consumo di Marsala è andato progressivamente riducendosi, la sua coltivazione si è ridotta a sua volta fino a subire un abbandono pressoché totale. Grazie alla perseveranza di viticoltori lungimiranti, il vitigno Perricone ha ritrovato la sua identità e la sua fama ed è inserito nei disciplinari delle DOC di Contea di Sclafani, Delia Nivolelli, Eloro, Monreale, Marsala e in numerose Igt.

SEGESTA

NERO D'AVOLA

Caratteristiche sensoriali del vino - VISTA: Il Nero D’Avola si presenta di colore rosso scuro con sfumature aranciate. Olfatto: Al naso è delicato, esprime note fruttate dell’amarena, della ciliegia, del ribes nero, della prugna, della more, del mirtillo e della viola. Gusto: Al palato è deciso, termina con una persistenza equilibrata e morbida, molto complesso ma dai tannini equilibrati: Una traccia balsamica fa da contrasto per un finale morbido con richiami di aromi di cacao, chiodi di garofano, carruba, cannella, cuoio, eucalipto e liquirizia. Abbinamento: Allato ideale per abbinare tutti i piatti saporiti della tradizione culinaria regionale, si abbina perfettamente a formaggi stagionali, carni alla brace, arrosti, carni rosse in generale, funghi di bosco e piatti di selvaggina. Temperatura di servizio: 16-18°C Bicchiere di servizio: Calice Ballon ampio Info alberello. Come molte altre varietà, è stato introdotto nell'isola ai tempi della colonizzazione greca e conserva memoria delle sue antiche origini nella tradizionale forma d'allevamento ad Oggi viene coltivato in quasi tutta la regione, ma è originario delle contrade siracusane di Noto e Pachino. Esistono diverse differenze di carattere fra i Nero D'Avola prodotti nella parte centro occidentale della Sicilia (il Segesta è uno di questi) e quelli della zona sud-orientale: i primi risultano quasi sempre più fruttati e dolci al palato; i Nero d'Avola coltivati nella zona sud-orientale, sono decisamente più fini e articolati, con spiccati sentori di fiori secchi e spezie. La coltivazione del Nero d'Avola in Sicilia vanta una tradizione secolare, anche se le prime testimonianze scritte del vitigno e dei suoi vini risalgono al XVI secolo. È interessante notare che, almeno fino alla prima metà del XX secolo, il vino Nero d'Avola veniva utilizzato, quasi esclusivamente, come vino da taglio, miscelato con altri vini per conferire al prodotto finale maggiore corpo e vigore. In particolare, erano i vini rossi del Nord Italia e quelli francesi a giovarsi delle doti di struttura e personalità del Nero d'Avola. - Pag.7 - AZIENDA VITIVINICOLA Solo dagli anni '60 circa del XX secolo, i viticoltori siciliani cominciarono a concentrarsi sulla sua coltivazione qualitativa e sulla produzione di vini in purezza con risultati davvero eccellenti Il nome "Nero d’Avola" è il frutto dell'unione di due parole: "nero", cioè "uva a bacca nera", e "Avola", una città siciliana, in provincia di Siracusa, considerata la patria del vitigno e dei suoi vini. In passato, il Nero d'Avola era conosciuto anche con il termine del dialetto siciliano "Calaulisi", da "calea", cioè "uva" e "Aulisi", cioè "Avola". La parola "Calaulisi" è stata spesso tradotta, erroneamente, con "Calabrese". Almeno fino agli inizi del secolo scorso, "Calabrese" era il termine più diffuso per indicare l'attuale Nero d'Avola. Pur consapevoli dell'errata interpretazione, i commercianti siciliani puntavano sul nome "Calabrese" perché, all'epoca, i vini della Calabria erano più ricercati sul mercato, soprattutto dai produttori francesi. In particolare, quelli calabresi erano i vini da taglio più richiesti, per arricchire e rinforzare i rossi d'Oltralpe! Per vendere i loro vini, alcuni produttori siciliani commercializzavano i loro prodotti con il nome "Calabrese".

TANGI

ALICANTE BOUSCHET

Caratteristiche sensoriali del vino - Vista: L’Alicante Bouschet si presenta di colore rosso violaceo. Olfatto: Al naso è delicato, dai profumi gradevolmente aromatici, decisamente fruttati, quali more e mirtilli, accompagnati da note esotiche, dolci e speziate. Gusto: Al palato è secco, vinoso, fragrante, di corpo, rotondo e di ottima armonia. Il gusto è pieno, morbido, corposo e giustamente tannico. Abbinamento A tutto pasto, si abbina a piatti saporiti e leggermente piccanti. Eccellente con un filetto di tonno appena scottato alla piastra. Se servito fresco (a 12°C) lo si può abbinare anche a piatti di pesce (zuppa di pesce o polipetti in guazzetto, ottimo con carpacci di pesce, insalata di polpo e patate, insalata di mare e antipasti di pesce, risotto ai frutti di mare, pasta allo scoglio, spaghetti alle vongole. Temperatura di servizio: 16-18°C servizio: Calice Ballon ampio Bicchiere di Info Vitigno di origine spagnola, prende il nome dalla omonima città di Alicante, nella regione di Valencia.È uno dei vitigni più rinomati della penisola Iberica.Dalla Spagna si diffonde, a partire dal XV secolo, in Italia, più specificatamente in Sardegna dove è tuttora presente e conosciuto con il sinonimo di Cannonau, nome dell’omonimo vino. Nel 1400 è stato portato in Sardegna durante la dominazione aragonese, periodo durante il quale questo vitigno, con le sue numerose varianti genetiche (tra cui Cannonau o Cannonao, Grenache o Garnacha) ha raggiunto anche la Francia, soprattutto nella zona del Roussillon. Dall'isola sarda all'Italia meridionale il passo è breve e nel giro di poco tempo il vitigno attecchisce anche in Sicilia dove trova condizioni climatiche ottimali per la produzione di un vino di struttura ma contemporaneamente armonico ed equilibrato. - Pag.11 - AZIENDA VITIVINICOLA Alicante, Tocai Rosso e Cannonau sembrano avere lo stesso patrimonio genetico, quindi sarebbero lo stesso vitigno, mentre la Vernaccia nera di Serrapetrona pur con delle differenze, apparterrebbe alla varietà genetica del Grenache e quindi dell'Alicante. Il vitigno Alicante è diffuso in Toscana, Lazio, Umbria, Liguria ed Emilia. Con il sinonimo Cannonau in Sardegna, con il sinonimo Vernaccia nera nelle Marche, con il sinonimo Tocai o Tai rosso nel Veneto. L’Alicante Bouschet fu ottenuto dal vivaista Henry Bouschet nella metà del 1800 dall’incrocio tra Grenache e Petit Bouschet, varietà quest’ultima dal succo ricchissimo di antociani. La sua principale utilizzazione è il taglio con altre uve povere di colore, ma si è anche adottata talora la vinificazione in purezza.

PHOENICIAN

NOCERA

Caratteristiche sensoriali del vino - Vista: Il Nocera Phoenician si presenta giovane, elegante e brioso di colore rosso scuro con una buona struttura e riflessi violacei. Olfatto: Al naso è delicato, ha un fine bouquet con note di sottobosco; svela un ventaglio olfattivo di macchia mediterranea, accenti di piccoli frutti scuri, mirto e ricordi marini. Gusto: Al palato appare subito ben presente grazie ad un tannino gentile ed avvolgente sulla lingua, il finale è mediamente persistente e mai invadente Abbinamento Da stappare insieme alla carne rossa o alla selvaggina, è perfetto con la tagliata di entrecote o filetto di vitello al pepe verde, piatti piccanti, speziati o molto saporiti e formaggi a pasta dura. Il rosso per chi non rinuncia ai rossi anche d’estate, perfetto per le grigliate estive. Temperatura di servizio: 16-18°C Bicchiere di servizio: Calice Ballon ampio Info Del suo antico passato si sa poco anche se alcuni lo identificano con il vitigno dei fenici prima e dei cartaginesi poi. L’inizio della produzione si fa risalire al VII secolo a.C nelle colonie greche, e come testimonia Plinio i nobili romani lo apprezzarono in particolar modo come Mamertinum. In tempi recenti, il Nocera per il suo ottimo vino rosso rubino venne molto coltivato soprattutto nel XIX secolo quando rese verdi le colline di Furnari (Me) anche perché venduto in Francia come vino da taglio. Viala e Vermorel (1901-10), affermano che è molto difficile tracciare la storia di questo vitigno per la quasi totale assenza di indicazioni certe, ma che in ogni caso è fuor di dubbio che si tratti di un antichissimo vitigno della Sicilia. A partire dal 1960 venne gradualmente e in parte soppiantato dai vitigni etnei Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio e anche da vitigni alloctoni. - Pag.13 - AZIENDA VITIVINICOLA Vinificato in purezza il Nocera produce un vino caldo e intenso; forte come il suo vitigno che regala acini dalle bucce spesse e scure, tendenti al blu. E’ un vino con un buon corredo aromatico che al palato risulta intenso, di corpo, ricco di acidità fissa e tannino. Il nocera è un vitigno a bacca nera storicamente diffuso in Sicilia, appartenente alle varietà antiche del patrimonio ampelografico dell’isola e oggi vinificato nelle DOC Faro, Mamertino e Sicilia, È diffuso anche in Calabria, dove viene utilizzato per le DOC Bivongi, Isola Capo Rizzuto e S.Anna, oltre che in Francia, nel territorio della Provenza e del Beaujolais (patria del novello), dove si è diffuso con i nomi di “Suquet” e “Barbe du Sultan”. Vitigno autoctono del sud Italia viene vinificato in purezza o in blend e storicamente coltivato nella zona del messinese, prima della diffusione negli altri territori. Molto affine alla famiglia dei nerelli e in particolare al Cappuccio, ha trovato la sua massima vocazione nel promontorio di Milazzo, dove negli ultimi anni alcune aziende lo hanno ripreso con risultati straordinari. Piccola eccezione: Donnafugata, dopo anni di sperimentazione e grazie al campo sperimentale creato insieme all’Assessorato regionale e alle università siciliane volto a recuperare e valorizzare una selezione di antiche varietà dell’isola, l’ha impiantato nel 2015 nei propri vigneti di collina nel cuore dell’affascinante campagna siciliana a Contessa Entellina. Il grappolo del nocera è di grandezza media (lunghezza 18 cm), piramidale, con un’ala, di aspetto spargolo; peduncolo visibile. L’acino è di forma intermedia, buccia con pruina pronunciata e di colore nero-bluastro, regolarmente distribuito, di media consistenza; polpa succosa e molle e succo incolore. La produzione è abbondante e giunge a maturazione di solito a settembre. Resiste bene alle malattie e al clima e viene spesso vinificato in purezza ma anche in blend con altre uve. I biotipi utilizzati nella coltivazione del nocera sono molto limitati ad oggi, in particolare segnaliamo quello collinare da noi usato a che ha un grappolo e chicchi più grandi, rispetto a quello di montagna (usato a Faro Superiore) con chicchi leggermente più piccoli.

STORTO

GRILLO 

Caratteristiche sensoriali del vino - Vista: giallo brillante paglierino talora con riflessi verdognoli. Olfatto: fruttato con note di pesca bianca e pompelmo che si fondono a sentori di gelsomino e fiori bianchi ma anche di timo, rosmarino e foglia di pomodoro. Gusto: grande carattere, importante struttura equilibrato e armonico, con una delicata acidità. Buona chiusura, di ottima persistenza. Abbinamento Ottimo come aperitivo, il grillo STORTO è il vino bianco ideale per accompagnare antipasti di mare, primi piatti vegetariani e pesce arrosto. STORTO si abbina ad antipasti di pesce e molluschi, a primi piatti con condimenti di pesce e verdure, a secondi di pesce e crostacei fritti ma anche a carni bianche. Può anche accompagnare uova e salumi purché non troppo saporiti. Temperatura: 10-12 °C Bicchiere di servizio: Calice Tulipano Info Diffuso nella Sicilia occidentale, particolarmente nel territorio di Trapani, il Grillo è un vitigno chiave nella produzione dei vini DOC Marsala. Negli ultimi anni ha, però, dimostrato di essere un protagonista dei vini secchi da tavola ed, anzi, sembra quasi che abbia seguito questa linea di evoluzione comparendo tra i vini di struttura e da affinamento, con risultati sorprendenti. Sulla sua storie e sulle caratteristiche c’è in effetti poco; iniziamo col dire che è un vitigno contemporaneo, infatti è generato dall’incrocio tra Catarratto e Zibibbo. Sul finire dell’Ottocento, il barone Antonino Mendola, agronomo e ampelografo, si dedicò allo studio delle viti, su oltre 4 mila varietà; fra i documenti ritrovati c’è quello che è l’atto di nascita del Grillo, datato 1874 e scritto di suo pugno: “seme di Catarratto bianco fecondato - Pag.3 - AZIENDA VITIVINICOLA artificialmente col Zibibbo nella fioritura del 1869 nel mio vigneto Piana dei Peri presso Favara (AG); raccolto a 27 agosto dello stesso anno; seminato in vaso a 3 marzo 1870 e nato verso il 20 maggio. Nel 1871 osservando nel vaso 105 una piantolina ben distinguersi tra le molte sue consorelle per vigore e colore delle foglie e più per tormento trassi una piccola mazza e la innestai nel febbraio 1872 sopra un robusto ceppo di Inzolia nera onde affrettare la fruttificazione e così ebbi il piacere di gustarne i primi grappoli nell’autunno 1874. Dedico questa pianta al chiarissimo. Ing. G. B. Cerletti, direttore della Stazione Enologica di Gattinara”; Giovan Battista Cerletti era uno dei tanti contatti di Mendola, a lui dedicò questo che chiamò “Moscato Cerletti”. Lo stesso Mendola scriveva, sempre nel 1904: “ibridai il Catarratto comune di Sicilia collo Zibibbo, per ottenere un ibrido colle virtù miste dell’uno e dell’altro progenitore, per potere fabbricare un Marsala più aromatico”. Più chiaro di così!Un dettaglio importante. Nella fase di un recente studio sono stati individuati due biotipi, chiamati A e B, che presentano differenze sostanziali. Uno è più fresco, più simile a un Sauvignon Blanc. L’altro è più potente, più alcolico e dall’aroma più mielato, forse più adatto a produrre vini liquorosi come il Marsala. Ed ecco spiegata la sua incredibile versatilità; è uno dei vitigni migliori per il Marsala, ma si trova anche allo scaffale come vino da pasto e in varie vesti, da quella elegante ed elitaria a quella caratteriale e identitaria del suo territorio.

LUCIA

CATARRATTO EXTRALUCIDO

Caratteristiche sensoriali del vino - Vista: Il vino ha un colore giallo dorato chiaro. Olfatto: Il bouquet è caratterizzato da profumi di zagara, gelsomino, erbe aromatiche, agrumi e frutta bianca. Gusto: Al palato colpisce per la vivace acidità, ben equilibrata da note fruttate e da una nitida vena minerale. Un’eccellente sapidità e marcate sensazioni minerali conducono ad una chiusura lievemente amarognola; il vino LUCIA si distingue per un profilo delicato e fresco. LUCIA è prodotto con uve 100% Catarratto varietà extralucido . Abbinamento A tavola trova i migliori abbinamenti con la cucina di mare del territorio. Vino molto versatile, si abbina splendidamente con antipasti, crostacei, secondi piatti di pesce. Si può abbinare anche a carni bianche delicate, verdure grigliate, formaggi morbidi e di edia stagionatura. Il Catarratto extralucido LUCIA va servito in calici Tulipano, a temperatura fredda ma non gelata (intorno ai 10/12 °C). Info Il nome di extra-lucido deriva dal caratteristico aspetto lucente, dato da una presenza minore di pruina, sostanza cerosa e dal colore biancastro che ricopre gli acini e dona alle uve un aspetto vellutato, influendo sul colore del grappolo. Nel lembo occidentale della Sicilia le origini della viticoltura risalgono a tempi antichissimi. L’area di Mozia venne colonizzata fin dall’VIII/VII secolo a.C dai Fenici, che solcavano il mar Mediterraneo alla ricerca di nuovi scali commerciali. Ancora oggi la zona di Trapani, Erice e Marsala rappresenta una delle regioni d’eccellenza per vini siciliani. I suoli sono prevalentemente composti di sabbie, calcare e rocce tufacee, terre povere e molto vocate per una viticoltura di qualità. In questo particolare habitat, la storia e la tradizione del territorio hanno conservato fino ai giorni nostri molti vitigni autoctoni di grande valore. - Pag.5 - AZIENDA VITIVINICOLA Le prime testimonianze scritte sono del 1696 ad opera del Cupani nel 1696 e successivamente si deve arrivare al 1970, quando Pastena descrive quattro diverse varietà di Catarratto: il Catarratto comune o latino, il Catarratto lucido spargolo, il Catarratto lucido serrato e il Catarratto lucidissimo o extra lucido. Due fenotipi si sono particolarmente diffusi: il Catarratto Comune e il Catarratto Lucido, che si sono sviluppati duranti gli ultimi 20 secoli adattandosi a differenti microclimi. I due cloni sono piuttosto simili da un punto di vista varietale. Il catarratto comune ha un grappolo alato e produce uve dal grado zuccherino piuttosto elevato, mentre il biotipo lucido presenta grappoli dalla forma tendenzialmente cilindrica, con acini più piccoli e meno coperti da pruina. Seppur apprezzato dal pubblico recentemente ha visto diminuire la sua diffusione a vantaggio dei vitigni internazionali più richiesti dal mercato. A questo si aggiunge il fatto che, pur garantendo qualità di produzione migliore, risulta molto meno diffuso rispetto al Catarratto bianco comune. Recenti studi genetici (Di Vecchi Staraz, 2008) rivelano che il Catarratto è, molto probabilmente, il padre della Garganega, una delle varietà più antiche dell’Italia settentrionale, ed ha dirette relazioni di parentela con molti altri vitigni: il Mantonico Bianco in Calabria, il Susumaniello in Puglia, la Malvasia di Candia nell’Itala Centrale, il Trebbiano in Toscana, Albana e Mostosa in Romagna, Dorona e Marzemina in Veneto. Inoltre, è stato definitivamente chiarito che il Catarratto ha dato origine al Grillo, probabilmente attraverso un incrocio naturale con lo Zibibbo. Il Catarratto è una delle varietà a bacca bianca più tradizionali e classiche della Sicilia ed è diffuso in tutta l’isola, dove costituisce il 33% della superficie vitata complessiva. Il catarratto è una delle varietà a bacca bianca, non solo più antiche, ma anche di maggior personalità e carattere. Nei secoli scorsi era prevalentemente utilizzato insieme al grillo e all’inzolia per produrre il Marsala. Il declino del famoso vino fortificato ha portato con sé anche il progressivo abbandono della coltivazione del catarratto a cui sono stati preferiti vitigni internazionali commercialmente più conosciuti e remunerativi. Solo negli ultimi decenni, grazie a una maggiore attenzione e valorizzazione delle uve autoctone vinificate in purezza, il catarratto ha lentamente riconquistato un ruolo di primo piano tra i bianchi siciliani. Oggi rappresenta una delle migliori eccellenze dell’isola e sta finalmente mettendo in luce tutto il suo vero potenziale, per affermarsi definitivamente a livello nazionale e internazionale.

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